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domenica 12 agosto 2007

Locarno, Uno sguardo sulle pellicole più interessanti


The Bourne Ultimatum, il 4 di agosto Jason Bourne, campione d’incassi nell’ultimo fine settimana in USA, ha avuto la sua prima europea su una piazza prevedibilmente gremita in ogni ordine di posti (selciato compreso).

Preceduto da un messaggio filmato di saluto del regista e della star Matt Damon, il film ha avvinto il pubblico più grazie alla magnificenza dello schermo più grande d’Europa che per meriti propri; infatti il film, pur avvincente e ricco d’azione, stenta a trovare il ritmo dei due precedenti episodi della serie, se nella prima metà del film il concatenarsi veloce dei fatti lascia poco spazio alla reale costruzione di una trama, la fase finale propne un avvincente serie di inseguimenti per le vie di Tangeri e, poi, di New York, che coinvolgono senz’altro il pubblico pur proponendo un eroe un po’ troppo indistruttibile per non essere fatto di gomma e cattivi fin troppo cattivi per essere reali ( durante il monologo del capo della CIA Parallela che svela a Bourne il suo tragico passato, crediamo di avere udito uno spettatore alle nostre spalle sibilare imitando Darth Vader di Star Wars “I am Your father”…).
Comunque un film d’azione che sarà certamente apprezzato dal grande pubblico anche nelle sale italiane nella prossima stagione.

Sempre il 4 agosto, in seconda proiezione, l’anteprima internazionale di una bellissima produzione, di genere documentario, Italo – Svizzera “Vogliamo anche le rose”, dedicato alle donne e alle loro conquiste sociali nell’Italia del dopo guerra.
Il film si avvale di documenti di varia natura, dalle pagine di diario ai filmati amatoriali d’epoca, fino a spezzoni di film e telegiornali e ripercorre l’evoluzione sociale del ruolo della donna attraverso i decenni 50, 60 e 70, creando un doppio filo rosso tra la crescita sociale e culturale del ruolo della donna rapportata alle progressive conquiste in tema di diritti e dall’altro la segnalazione di come questi diritti abbiano rappresentato evoluzioni importanti per tutta la società italiana “spinta” fuori da un passato piuttosto provinciale proprio dalle lotte per i diritti delle donne, ampio spazio in questo senso è dedicato alle battagli referendarie per divorzio e aborto, alle diverse fasi dei movimenti studenteschi del ’68 e ’77 e ad altri passaggi chiave.
Mentre scorrevano, sottolineati da tre lunghi applausi, i titoli di coda, abbiamo notato anche un’impronta varesina sull’ottima colonna sonora del film, mixata negli studi di Andrea Caielli a Varano Borghi che meritano quindi la loro parte di riconoscimento.

Death at a Funeral, morte a un funerale, di Frank Oz, ha fatto ridere di gusto la Piazza la sera del 5 agosto, gradito al punto da indurre il direttore Maire a richiamare lo stesso Oz sul palco al termine della proiezione per fargli ricevere l’applauso del pubblico.
L’ultima fatica del cineasta inglese è una commedia assolutamente british che potrà richiamare alla memoria “Quattro matrimoni e un funerale” ma forse ancora di più il vecchio “la signora omicidi” del 1951, recentemente oggetto di un remake dei fratelli Cohen (The Ladykillers, con Tom Hancks).
La vicenda è presto raccontata: al funerale di un rispettabile gentiluomo inglese si riunisce un ampio gruppo familiare nel quale non mancano personaggi incontrollabili e dirompenti, dal vecchio zio dalla mente ormai confusa ma dal carattere veemente, alle giovani coppie alla ricerca dell’approvazione dei rispettivi, futuri, suoceri.

Sarà però la presenza di un personaggio legato, in modo imbarazzante, al defunto congiuntamente ai maneggi di un nipote farmacista un po’ troppo disinvolto nel fare uso della sua competenza professionale a far scatenare una ridda di eventi assolutamente esilaranti che non devono essere anticipati per non rovinare una visione al cinema che è caldamente raccomandata. L’applausometro sarà poco attendibile ma colloca questo film tra i candidati più credibili al premio del pubblico

Di seguito, la stessa sera, notte horror con “Planet Terror” di Robert Rodriguez, coprodotto da Quentin Tarantino ( che recita anche un cameo nelle scene finali del film).
Planet Terror inizia con accenti splatter degni di un horror degli anni 60 con momenti di autentica paura e una buona dose di autoironia e di divertimento mentre si dipana una trama che vede una cittadina del west americano alle prese con gli effetti di una sorta di cospirazione militare che conduce alla diffusione nell’aria di un terribile agente chimico che trasforma gli uomini in mostri feroci e sanguinari.
Come detto il dramma del terrore viene reso con un autentico crescendo di fatti macabri che spaventano realmente lo spettatore, mettendolo anche di fronte a una non troppo velata satira antimilitarista, il tutto stemperato da esagerazioni fumettistiche che non guastano la resa complessiva e danno anche spazio a qualche sorriso.
Purtroppo nella fase finale del film le incoerenze e le facilonerie cominciano a sovrabbondare e la pur palese intenzione del regista di realizzare iperboli ironiche non impedisce al film di scadere in un puro divertissement splatter, con momenti di assoluta non credibilità e provocazioni fini a se stesse. Paura, forse, del contenuto politico che si sarebbe potuto altrimenti leggere? Complessivamente il giudizio di una giovane spettatrice, udito subito dopo la proiezione, ci trova piuttosto concordi:” Bello…, divertente, però che s… ata”.

Le Voyage du Ballon Rouge, il viaggio del palloncino rosso, di Hou Hsiao Hsien, dichiarato omaggio al quasi omonimo capolavoro del 1956 di Albert Lamorisse l’ultimo capolavoro del grande cineasta cinese racconta con grande poesia ma con un procedere logico e mai noioso, la storia di una donna francese che lavora nel teatro delle marionette e, oberata di impegni, assume una domestica cinese perché l’aiuto a crescere il figlio, il piccolo Simon.
La Giovane cinese è una studentessa di cinema e, mentre accudisce il piccolo, non cessa di lavorare al suo film, ben presto si crea vicinanza e amicizia fra le due donne che offrono così uno spaccato di rapporti umani e incontro di culture che non lascia indifferente lo spettatore.

A seguire, sempre la serata del 6 agosto, Nichts als Genspenster, nient’altro che fantasmi. Un film in alta definizione, costituito da 5 sequenze intrecciate nelle quali vengono raccontate le vacanze di diversi personaggi: una giovane coppia negli USA, un’altra in Islanda, una ragazza in Italia coi genitori, un’altra in treno attraverso la Germania, infine tre amici in Giamaica.
Al di là delle situazioni e sentimenti dei protagonisti la trama è tutta qui tanto che la cosa di gran lunga è più avvincente di tutto il film sono i magnifici paesaggi proiettati in qualità fotografica perfetta.
È forse il momento di ricordare che, come a margine degli Oscar vengono assegnate le “pernacchie d’ore” anche Locarno ha il suo premio per il peggior film, assegnato dalla rete 3 della RSI a quel film che sia riuscito a fare addormentare almeno un terzo degli spettatori già nei titoli di testa… ebbene la RSI ha indicato “Nichts als Genspenster” come uno dei candidati più attendibile a questo, non proprio ambito riconoscimento noto come “Zebedeo d’oro”( lo scorso anno il catalano Dies d’Agost aveva vinto a furor di popolo).

Concorso internazionale

Contre toute espèrance, contro ogni speranza, seconda parte di una trilogia che il cineasta canadese Bernard Emond ha dedicato alle vistrù teologali: fede, speranza e carità. Se, citando Roberto Rossellini, il regista ha tenuto a precisare di non essere un pessimista” vedere il male dove c’è è la mia via verso l’ottimismo”, il film lascia veramente poco spazio alla speranza: i protagonisti sono una coppia felice che viene colpita però da problemi, gravi, di salute a cui si aggiungono dissesti finanziari ai quali Rejanne, la moglie, cerca di far fronte come può ma senza poter impedire la tragedia finale, in realtà nota fin dall’inizio che introduce una serie di flashback.
Il film registra la resistenza alle avversità, la lotta per sopravvivere fin quasi a raggiungere il risultato vanificato però dalla disperazione, alimentata da un mondo che va avnti per i fatti suoi, secondo una logica di mercato che non lascia spazio alla pietà ma solo al calcolo e al cinismo.
Resta aperta solo una domanda, alla fine, “si poteva evitare?”, resterà senza risposta.
Uno dei migliori film in concorso visti finora.

Fuori dalle corde, del ticinese Fulvio Bernasconi, è un’altra coproduzione Italia – Svizzera ambientata, in questo caso, nel mondo della Boxe.
Mike è un giovane pugile la cui promettente carriera si arresta di fronte ad una sconfitta probabilmente determinata da un imbroglio.
Licenziato il giovane torna a casa dove lo aspetta una sorella che ha investito sogni e speranze nella possibilità di un riscatto sociale da materializzarsi con il successo del fratello.
Si apre una spirale speranze e ambizioni deluse che conducono Mike a cercare riscatto con gli incontri clandestini che lo perderanno in una strada di violenza e dolore dalla quale non potrà liberarsi prima di avere perso definitivamente la propria innocenza.
Un augurio di poter vedere nelle sale questa ottima pellicola.

Icy et ailleurs
Salata Baladi (casa salata) è un piccolo grande film realizzato montando e mixando i filmati realizzati dalla regista, Nadia Kamel, nella propria famiglia.

Non è però un “filmino delle Vacanze” perché Nadia è figlia di un palestinese e di un’ebrea italiana, nata al Cairo, da una famiglia tanto araba quanto italiana.
La vita di questa famiglia è vista quindi attraverso una serie di viaggi in cui Nadia e suo figlio, il piccolo Nabil, con l’anziana madre Mary, si recano in giro per il mediterraneo a visitare i parenti: in Italia, in Egitto, in Israele e nei territori palestinesi, cercando la propria identità ma anche mostrando quanto possa essere semplice affastellare popoli diversi quando i legami sono affettivi.
All’inizio del film Mary disegna il suo albero genealogico, collocando sui vari rami antenati arabi – musulmani, arabi - cristiani, italiani ebrei e cattolici, turchi e libanesi… alla domanda della figlia “ ma com’è possibile?” risponde semplicemente “era possibile” una risposta detta con semplicità ma che giunge al pubblico con uno schiaffo.

(varesenews)

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